Articolo aggiornato il 7 Marzo 2023 da Stefano Mastrangelo
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Che cos’è il Recovery Fund europeo?
Il Recovery Fund è stato l’argomento del giorno per settimane, fino alla sua approvazione avvenuta in piena notte dopo un lungo periodo di trattative. La stessa riunione decisiva, si è protratta a Bruxelles (tra i capi di governo europeo) fino a notte fonda lo scorso 20 luglio.
La soddisfazione di alcuni esponenti politici (tra cui il presidente del Consiglio italiano) e la lunga trafila della vicenda, lascia intendere quanto lavoro abbia necessitato l’approdo alla soluzione.
Intanto il Recovery Fund è un piano finanziario, inserito ufficialmente nel bilancio della UE, da 750 miliardi di euro.
Si tratta di una cifra enorme, di cui 390 mld a fondo perduto. Altri 360 sono invece i fondi che verranno trasferiti tramite prestiti nelle casse dei vari stati membri.
Il totale è dunque pari a 750 mld. La commissione europea ha definito questa iniziativa la “Next generation UE”: un nome pomposo ed impegnativo anche per gli obiettivi che si prefigge.
In sostanza si tratta di una enorme massa di denaro che, a seconda delle proprie caratteristiche ed esigenze, i vari stati europei potranno utilizzare per progetti di sviluppo e modernizzazione.
Recovery fund: le condizioni del piano straordinario europeo
Il nodo principale sulla questione era relativo alle condizioni a cui ricevere queste sostanze. Alcuni paesi (tra cui l’Italia) insistevano sulla necessità che queste risorse fossero slegate da obblighi relativi al bilancio e fossero per lo più a fondo perduto. Altri (in particolare l’Olanda), viceversa chiedevano che le risorse fossero erogate sotto forma di prestito, con diverse forme di controllo circa l’erogazione.
In sostanza lo scontro relativo all’utilizzo di questo denaro (proveniente dai bilanci europei dei vari stati) era tutto su due binari: quanto prevedere a fondo perduto e quali controlli mettere in atto per verificare l’utilizzo del denaro.
Finalmente si è arrivati alla sintesi di cui ho scritto poco sopra.
Un passo importante e senza precedenti per l’Unione europea.
Col denaro a disposizione dei vari governi, si potrà dare il via ad un piano i cui connotati somigliano molto ad altri due famosi progetti di intervento pubblico: Il piano Marshall del dopoguerra, il New Deal americano degli anni ’30 dopo la grande depressione.
L’economia europea e la crisi innescata dal Covid19
L’economia europea ha subito, nei terribili mesi del Lockdown e nelle conseguenze che tuttora esso comporta, uno shock economico praticamente senza precedenti. Nei mesi che verranno, è presumibile assistere ancora a chiusure e fallimenti di diverse attività, aumento di disoccupazione, situazione di insolvenza di imprese e privati, necessità di sussidi al welfare, alla sanità.
Ebbene, come già scritto in articoli precedenti, visto che di Recovery Fund si parla da mesi, si è deciso di rispondere a questa situazione con un massiccio intervento di liquidità pubblica, per sostenere nuove attività. La costruzione di opere pubbliche, gli investimenti nel campo della Green Economy, l’informatizzazione e modernizzazione del settore pubblico e gli incentivi a modernizzazione ed investimenti di mille settori privati, ritenuti strategici.
In definitiva si procede ad un intervento pubblico massiccio e con pochi precedenti nella storia recente, anche in termini di dimensioni.
Questa è la risposta che la Commissione Europea in particolare, col sostegno dei governi europei, ha voluto produrre di fronte al rallentamento dell’economia causato dal drammatico impatto della pandemia.
Visto che i consumi privati, e con essi anche gli investimenti, sono in nettissimo calo rispetto al passato, è lo Stato, che diventa “consumatore” ed investitore, acquistando beni e servizi per ammodernare il proprio patrimonio. Mettendo in circolo denaro, sotto forma di incentivi, riduzioni fiscali ecc., facilitazioni per gli investimenti.
Con questo massiccio stimolo, diverse aziende dovrebbero colmare quel gap di comande che è scaturito dalla crisi per il Covid19 e riattivare l’offerta di lavoro. Inoltre gli investimenti permetteranno di raggiungere miglioramenti di lungo termine, utili a tutta la società. Pensiamo agli investimenti nella digitalizzazione della struttura pubblica e del lavoro agile, nel risparmio energetico. Grazie a questi investimenti, in un decennio abbasseremo di molto il costo di beni e servizi, aumenteremo il tempo libero e riusciremo a veicolare risorse verso altri settori.
Recovery Fund: un piano espansivo e solidale per l’economia
Questi sono i classici risultati di una manovra “espansiva” o “Keynesiana” (dal nome dell’economista che per primo elaborò questo modello anti crisi) come in gergo vengono definiti questo tipi di piani.
Ma il passaggio è storico anche e soprattutto per un altro motivo. Il fatto che si sia ridotto il peso della parte a “prestito” rispetto a quella “a fondo perduto” è un passaggio epocale.
In sintesi si è introdotto, seppur bilanciato da diversi paletti e passaggi di controllo, un meccanismo che si attendeva da anni.
Molto di quel denaro è di fatto garantito dall’intera Unione europea e dal suo bilancio e NON più dal singolo paese che lo richiede. E’ come se, per semplificare, in un condominio tutti gli inquilini accettano di finanziare un mutuo per lavori di ristrutturazione, mettendo a garanzia i redditi di tutti, ricchi e meno ricchi.
Quindi, per fare un esempio, anche l’inquilino con un reddito più basso, potrà avere quel denaro allo stesso tasso riconosciuto al ricco proprietario terriero, o a colui che ha molto risparmio in banca.
I detrattori di questo accordo, che prevede la necessità di presentare in anticipo un dettagliato piano di intervento e di riforme, obiettano che con questo meccanismo, alcuni stati potrebbero essere costretti a piegarsi al volere della maggioranza in seno europeo quanto ai tipi di misura.
A mio avviso è un prezzo da pagare ben volentieri. Un accordo equo ed intelligente, a patto che, ovviamente, si sia pronti a fare i sacrifici e le scelte nette che il momento richiede.
Perché non dimentichiamo che il lato “negativo” di questo tipo di interventi (che nel breve creano occupazione, sviluppo, investimenti) è il forte indebitamento pubblico a medio termine.
Quindi nei prossimi anni bisognerà rientrare da questo indebitamento e lo si può fare solo con risparmi di spesa pubblica, forte aumento di produttività o ricorso a tassazione ed inflazione.
E’ opportuno augurarsi che la classe politica ed imprenditoriale che gestirà questa fase (i fondi arriveranno tra fine 2020 e 2021 e andranno restituiti nei 5 anni successivi) sia al’altezza del compito.
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